Io. Coelho, il punk e i supereroi.

Io. sono una persona logorroica.

Parlo in continuazione, di tutto.

Eppure non parlo di me.

Io dico poco spesso ciò che penso, e poi, quando lo faccio, sparo nell’Universo con violenza.

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Questo blog nasce qualche anno fa, quando io vivevo a Ny.

Nasce a Chinatown, in una viuzza sporchissima, dove la gente suona sui clacson e li copre con la melodia delle corde. Nasce con le anatre appese ai ganci di acciaio.

Nasce quando io sento di voler raccontare. 

 

Ma poi io torno, ed inizia una nuova era. Ma poi io cambio, e le cose cambiano, ed arriviamo ad ora, che tutto cambia. 

Nell’ultima settimana mi avete chiesto come sto.
(E il mio amico Luca mi ha chiesto se sono diventata famosa e ricca, ma soprattutto ricca.)

L’avete fatto in tanti, ed io non ho avuto il tempo di rispondere, non come avrei voluto,  non raccontandovi come si sta ad essere felici, nelle mie scarpe!

E allora ve lo scrivo. Condivido le bollicine, i mal di testa, la stanchezza, l’ansia da prestazione e la gioia. Perché io di me non parlo, ma ogni tanto mi trasformo in parole (ed è il super-potere che vorrei, se fossi un super-eroe).

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Mercoledì mattina alle 9 sono andata a cambiare lavoro.

Sono entrata in un open space semi-vuoto, dove una ragazza coi capelli sfumati sorseggiava caffè da un bicchiere di plastica.

Muoveva lo zucchero con la palettina, mentre io avrei dato il mio regno per una faccia amica.

Dieci minuti dopo l’open space era brulicante, ed io ero ancora gelata, immobile come lo zucchero che non trova una palettina. Avevo portato quaranta frittelle giganti straripanti di crema, perché l’inserimento in un gruppo passa spesso attraverso il picco glicemico.

Da lì, da quel momento, è cambiato tutto, e poi forse, non è cambiato niente.

Io, sto realizzando ciò che sapevo e dovevo capire, perché l’ho sempre saputo, che

quello che voglio, è mettere in linea parole!

E penso che Coelho non sia un coglione, e quella storia che il cuore conosce tutte le cose, non sia una cazzata. 

E allora, quando un ragazzo dai capelli rossicci mi ha rassicurata, io sono tornata a respirare, perché sapevo esattamente di stare facendo l’unica cosa che per me è possibile.

Io scrivo, e sappiatelo, che scrivere, non è mica facile!

Non è per nulla facile quando la tua passione diventa il tuo lavoro. È una cosa stranissima in realtà, perché ciò che non aveva regole, il tuo flow, adesso ne ha (e forse per questo di domenica mattina, con i capelli bagnati, nel piumone, torni a scrivere un diario, sapendo che domani avrai il raffreddore).

Mi sono seduta al cospetto di un uomo con la penna in mano. Ho visto grande rispetto nel segnare col blu il mio lavoro. Ho retto lo sguardo, e difeso l’anima che c’avevo messo.

Ho pubblicato. Una cosa l’ho pubblicata.

E mi sono chiesta se contino di più il culo o il giudizio, la grammatica o il coraggio.

E poi mi sono risposta che io ho sempre puntato sul giudizio, perché a culo siamo messi male.

E poi mi sono urlata che ci vuole coraggio, e che la grammatica aiuta.

Ci vuole un sacco di coraggio ad avere coraggio.

Ho anche ascoltato un gruppo punk, e scoperto che ci vogliono solo tre accordi.

E allora credo che farò così: quando avrò paura tornerò ai tre accordi.

Perché quando le cose belle si realizzano, noi siamo portati ad averne paura.

E invece io me la voglio godere. 

Tre accordi: è tutto tremendamente semplice, se riesci a stare leggero, nel tuo vestito migliore.

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Io. Un inno all’albicocca.

Scrivo per segnalarvi un importante cambio di rotta che riguarda Storiediunebrea.

Penserete che io sia stata assunta da Vogue e mi trasferisca a Parigi. O che visti i miei trent’anni io  abbia iniziato ad avere rapporti sessuali completi a cadenza costante (che già ogni sei mesi sarebbe una manna dal cielo).

Oppure penserete che io sia incinta, perché sono biologicamente perfetta per la procreazione.

E invece no, è l’ 1:15 del mattino e io non riesco a dormire.

Ieri ho parlato con Elena (tecnicamente ci siamo scritte), un’amica che vive in Francia da anni e che amava sorprendermi mostrandomi all’improvviso il suo piercing alla lingua. Ricordo Elena per la “vacanza” Brit e per l’insorgere improvviso di quella pallina di acciaio.

Ecco, ieri Elena mi scrive, e segna, senza saperlo, il passaggio di un’era. Con grande innocenza, mi segnala che i francesi non si rivolgono all’organo genitale femminile con l’epiteto a me tanto caro (LA FIGUE) ma con il lemma (che credo voglia dire parola in termini tecnici) di ABRICOT.

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All’11 e 22 sento il bisogno di dirvi che la figue, da oggi, si chiamerà abricot.

E voglio anche dirvi, mio vaginodromo di lettrici, che dopo aver ricevuto la corretta traduzione di figue, ho pensato tantissimo a ció che significa essere portatrici sane di abricot.

Scadró sicuramente nel banale, machiassenefrega. Le prenderete come poetiche cadute di stile o come un riassunto di cose che già sapete e che, aimè non potete sfuggire.

Io credo che l’abricot, nel caso in cui fosse dotata di vita propria, ci sputerebbe in un occhio. La sua natura di oggetto peloso viene ripetutamente messa in discussione attraverso il processo di deforestazione. A intervalli regolari, la aggrediamo, estirpando la naturale protezione pilifera che si converrebbe lasciare invariata. Io, se fossi lei, mi infastidirei alquanto ad essere cosparsa di cera bollente e poi tirata a destra e a manca mentre una semi-sconosciuta operatrice di bellezza ti mette le mani dove pensavi sarebbero finite quelle del tuo principe azzurro.

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Spesso (nel mio caso poco spesso) costringiamo l’abricot a ricevere ospiti in casa. Ma mica li ha invitati lei. Tendenzialmente gli ospiti sono graditi per un periodo di tempo limitato. Nel caso in cui se ne vadano subito, la povera figue si sentirà oltraggiata perchè in risposta a una calorosa accoglienza non otterrà che un prematuro abbandono.

Caso peggiore è quello in cui l’abricot venga sottoposta a permanenze di entitá temporale importante.

In quel caso io la immagino all’angolo del ring, sudata e provata che urla ‘NON FA MALE’!!! con tanto di Brigitte Nielsen che si alza agitata tra le prime file del pubblico.

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L’abricot è poi particolarmente delicata e un regime d’uso importante, corrisponde spesso ad alterazioni delle naturali componenti chimico biologiche caratterizzanti il frutto dell’AMMORE.

(DOVEROSA PRECISAZIONE: meglio prendersi i bacilli trombando che sedendosi a bordo piscina!!!)

Ad ogni modo, l’eventuale esposizione alla patologia, conseguente all’espletazione di bisogni primordiali, costituisce, per la sottoscritta, un forte deterrente alla ricerca del piacere carnale.

Pensate che la mia amica Melania, dopo un weekend in mia compagnia, mi ha confessato di non essere riuscita a limonare per paura di prendersi il bacillococcus tremendus.

L’abricot, povera, è poi esposta allo scherno degli amici homosexuelles, che disprezzando l’oggetto e la sua fisiologica umidità, la chiamano LA PIAGA.

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Ora, è l’1 e 40 del mattino, e la tosse non mi fa dormire. Sono allo stremo delle forze e vi giuro che la tracheite acuta è peggio di Gigi D’Alessio alle 8 del mattino. Quindi, se permettete, con lo stralcio di energie che mi rimangono,mi appellerei al quinto emendamento e, sempre se lo permettete, mi vorrei rivolgere ai fruitori dell’OGF.

(Ndr: OFG = organo genitale femminile).

UOMINI, CAZZO!

Voi che passate un sacco di tempo a spinzettarvi le sopracciglia, voi che vivete in funzione del contorno occhi, voi, che la massima aspirazione è calcio mamma e rutto libero.

Voi, abbiate pietà per colei che i francesi chiamano abricot.

Abbiate pietà nel caso in cui la deforestazione non avvenga in maniera sistematica e ricordate che, come diceva mia nonna ‘tira più un pelo di abricot…’

Abbiate pietà se di fronte alla vecchia e poco cara eiaculazione precoce, a noi ci girano un po’ i coglioni, ma soprattutto, abbiate pietà quando esanimi chiediamo il pit stop! Accogliete di buon grado i metodi alternativi e ringraziate per l’ospitalità volgendovi all’uscio.

Non lamentatevi quando vi chiediamo di soccombere all’uso di precauzioni, perché, come dice la mia ginecologa femminista VOI SPARITE, ma i problemi restano.

E poi, ultimo ma non meno importante: tornate a osannarla un po’, questa povera vagina.

Perché ci piacciono molto le vostre barbe e i pettorali che scolpite con severa dedizione, ma ogni tanto, vedere il volto di uomo illuminarsi di fronte al frutto della passione, ci fa venire voglia di essere donne (che poi, oltre alla figue c’è di più)!

Ringrazio chiunque sia arrivato alla fine, ed in particolare ringrazio chi voglia esercitarsi sull’adorazione di cui all’ultimo punto della presente disserzione.

Ma soprattutto ringrazio Elena che con la storia dell’abricot ha aperto nuove frontiere a questo blog, davvero un grande passo per l’umanità!

(Sono sicura che il caro e vecchio Neil sentitamente ringrazia)

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Vaginodromo, I wish you luck in the sex jungle! 

Io. Voglio essere stesa.

Ho appena letto un post su Facebook.

Il post è stato scritto da un mio caro amico. Nel post lui dice di amare un certo DB, di averlo amato, e che lo amerà per sempre.

Se il post fosse stato scritto dal mio gioioso amico F., io avrei pensato ad un errore. Avrei ritenuto che la ‘B’ fosse da sostituire con ‘P’ che sta per ‘penetration’, dove ‘D’ sta per ‘double’. Non so se è chiaro il concetto ma per i non esperti basterà una veloce ricerca su Google… Astenersi anziani e persone facilmente impressionabili!

Comunque, il mio amico ‘non F’ scrive una cosa incomprensibile ed io, pensando di state serenamente invecchiando, ipotizzo che ‘DB’ sia un cantante, vecchio o nuovo, a me sconosciuto!

Sta di fatto che commento lo stato e ‘non F’ da così tanta importanza alla cosa da scrivermi con una celerità che neanche Bolt prima del carcere aveva mai raggiunto.

In men che non si dica passiamo da Facebook a whatsapp. ‘Non F’ mi spiega che DB è un baldo giovine di cui ci siamo occupati in passato. Un uomo aitante, affetto da frocerie (leggi alla francese) davvero acuta. Due metri di muscoli e pallavolo, uno che salta la cavallina e non solo.

Quello che mi colpisce è che ‘non F.’ Scrive di essersi ‘ZERBINATO’ a lungo senza fare mai punto.

Io ribatto prontamente ‘welcome to my life’!

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Allora, io, oggi, vi volevo parlare delle cose che ho fatto per amore ZERBINANDOMI a livelli galattici. Quasi implorando il CALPESTAMENTO, STUPIDA ME!

Vi volevo parlare della ‘non dignità’ che colpisce il soggetto zerbino, quel soggetto che si auto stende di fronte a due addominali o a una bella parlantina.

Per conquistare l’oggetto del desiderio (che ogni volta credo essere l’uomo della mia vita e il futuro padre dei miei figli) io mi sono stesa come un panno al sole, come i cachi a maturare, come la frolla della crostata della nonna.

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Ho sopportato mutande contenitive che una volta tolte mi riportavano bruscamente allo status di cotechino. E forse è per questo che l’amato amante poi non richiamava.

Ho sopportato ex fidanzate, mogli, suocere, aspiranti zerbine e colleghe di lavoro molto invadenti. Che poi, se la tua ex ti scrive alle 2 di notte mentre io cerco di accedere alle appendici del tuo corpo, forse non è tanto ex. Ma io le ho comunque sopportate, in nome dell’amore che mi sono costruita, immaginata e per forza di cose, dimenticata.

Ho sopportato aliti pesanti perché poi alla fine può capitare.

Ho sopportato, udite udite, eiaculazioni precoci, riponendo estrema fiducia nei preservativi ritardanti quando invece ci sarebbe voluto Padre Pio. Altro che i preservativi ritardanti!

Ho sopportato il ‘ci vediamo dopo calcetto’ e fatto chilometri ad orari in cui io di solito sono già in piena fase REM, perché poverino, è giusto che abbia i propri spazi!

Ho sopportato messaggi di merda pieni di sarcasmo a volte acido, tipici di chi sa di averti alla porta. AZZERBINATA! Stesa come i tappetini di Natale, con le renne che fanno “YO-YO”.

Ho sopportato i tacchi alti perché quelli sfinano e magari così mi trova più carina. E mi sono ‘ciucciata’ una tallonite da paura mentre lui si è presentato coi pantaloni del calcetto di cui sopra. Ma io comunque, azzerbinatamente entusiasta, sul momento, l’ho trovato attraente.

Ho sopportato le assenze, i silenzi e poi i ritorni pieni di entusiasmo per dirmi ‘mi sposo’. E io, zerbinerrima, invece di urlare MAVAFFANCULO, ho pianto. E ho mangiato cioccolata che dopo essermi rimasta 6 secondi in bocca si è fermata per 6 mesi sulla coscia.

E poi ho sopportato quelle colonie da uomo pesanti, quelle che ti si attaccano al profumo di Dior da 40 euro a spruzzo. Quelle che lo rovinano, snaturano e sopraffanno. Quelle dei deodoranti economici antitrasudanti che non bisognerebbe mettere nemmeno ai funerali celebrati a luglio, alle 3 del pomeriggio.

Ho scusato l’oblio ‘perché poverino, è molto impegnato’ e c’ho perso del sonno ad immaginare come sarebbe stato. Se lui fosse come io vorrei.

Ho vissuto in attesa pensando che gli alieni lo avessero rapito. Per poi realizzare che se hai 1000 minuti gratis, 1000 messaggi e 200 giga… se non mi caghi è perché non vuoi! Mi sono chiesta come potesse essere possibile che lui non mi pensasse, e non ho ancora travato una risposta perché ogni volta torno a credere agli alieni.

Ho comprato regali mai ricambiati e adesso penso che con quei soldi forse potrei farmi un viaggio con le amiche, o comunque una depilazione permanete che probabilmente mi soddisferebbe più a lungo di qualsiasi uomo. Perché a volte la depilazione è per sempre! Come i diamanti per chi non se li può permettere!

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E allora io dico, che ho quasi 30 anni, e chi mi legge lo sa. E dico anche che sono una ragazza molto fine. E in virtù di ciò, affermo con una certa sicurezza che mi sarei anche UN PO’ ROTTA I COSIDDETTI.

Io dico che la modalità zerbino, dopo averla praticata per anni, risulta entusiasmante tanto quanto un convegno di Salvini.

Io dico che vorrei iniziare un periodo di A-zzerbinaggio, dove la A ha funzione privativa.

Dico che credo di meritarmi un uomo a cui piacciano le mutande poco contenitive, o a cui perlomeno piaccia io. Uno che mi scriva per primo, che usi un profumo decente e che anche se impegnato un po’ di tempo lo trovi. Uno che al calcetto preferisca le cavalcate amorose, uno che cancelli il numero dell’ex o perlomeno della suocera.

Io, con un grande atto di coraggio, dico basta allo zerbino, perché alla soglia delle 30 primavere IO. NON HO PIÙ VOGLIA DI STENDERMI. IO. VOGLIO ESSERE STESA

DALLO ZERBINO AL RED CARPET

Unknown

Io. Ho l’ovaio pesante.

Oggi pensavo che ho quasi 30 anni.

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In linea di massima ne ho ancora 28 ma se ‘la strada è breve dal casso al cassonetto’ (cit di una famosa canzone italiana), figuriamoci dai 28 ai 30.

Una volta una mia amica mi ha detto che sarò una splendida 30enne ed io, che mi sono sempre sentita una cozza isterica ed impacciata, ho iniziato ad attendere il compimento dei 30 anni con ansia.

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Di fatto, già da un anno dico che ho 30 anni, così mi sento più figa. È una roba meramente psicologica, ma funziona. Almeno credo!

Ieri sera però, a bordo della mia Polo ormai agonizzante, ho riflettuto un pó sull’avere 30 anni, oggi.

Prima di tutto ho pensato agli ormoni. Sembra che a 30 anni cambi tutto, a partire dagli ormoni. I miei sono impazziti, non nel senso che mi farei anche quelli che vomitano negli angoli delle discoteche, più nel senso che mi sono venuti gli acciacchi dell’età! Il medico mi ha guardata e mi ha detto: SIGNORINA GRAVIDANZA! A quest’età per risolvere i problemi ci vuole la GRA-VI- DAN- ZA (ed io ho pensato: perché a tutte le altre date la pillola e a me consigliate la fecondazione? Posso avere almeno quella assistita, mi fa meno paura!).

Ho improvvisamente realizzato che i miei ovuli non sono più a lunga conservazione.

Di fatto, spalo a 4 mani verso la menopausa.

E un pó ho avuto paura.

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L’ovulazione non mi è mai piaciuta. Le endorfine, la serotonina, e tutte quelle sostanze non sono mai state mie alleate: di fatto IO TRASFORMO I DISAGI IN CARBOIDRATI (in un mondo di donne LOW CARB!).

In pratica io mangio prima del ciclo, poi durante il ciclo e pure mentre ovulo! E poi, se tipo al decimo giorno del mese mestruale, a me viene voglia di mangiare (E A ME VIENE VOGLIA DI MANGIARE!!!), io dico che forse sto per ovulare, allora mi devo preparare. E quindi mangio di nuovo. Non negare al corpo ciò di cui ha bisogno!

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Comunque, lasciando il marchese e tornando ai  a quasi 30 anni, io vi dico che le mie amiche sagge, quelle un pó mamme e un pó sciamane, hanno cominciato a guardarmi con sguardo amorevole e dirmi che ‘è normale fare lo SCREENING, anzi è ora!’.

Oddio lo screening, che cos’è?

Una maschera di bellezza? Lì ho avuto davvero l’ansia, soprattutto per la comparsa dell’occhio a triglia compassionevole, quello di chi sa esattamente ció di cui sta parlando.

Le mamme sciamane mi hanno avvisata. Adesso so’ cazzi!

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Poi c’è da gestire lo sguardo pesante della generazione di mamme, zie e cugine che a 30 anni avevano già figliato 2 o 3 volte. Avevano un lavoro e già fatto pace con le smagliature.

Care signore, come ve lo spiego che la lotta con la cellulite non mi ha ancora permesso di trovarmi un uomo? L’unico che frequento con costanza è il barattolo di Somatoline! I messaggi li ricevo dalla Tim che mi ricorda l’imminente esaurimento del credito e che sono bella me lo dice solo mia nonna.

No, non credo che andró a convivere presto!

Mi rallegro del fatto che a 30 anni voi aveste già una situazione stabile ma al momento, la mia vita, è il cubo di Rubik e io in logica facevo discretamente cagare!

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Poi uno dice, vabbè che hai l’ovulo pesante, vabbè che non vai a convivere ma almeno vedrai qualcuno. Ce l’avrai un fidanzatino!!!

Ecco, a 30 anni cominci a guardare gli uomini in maniera diversa. A 20 quello che ti interessava era di essere violentemente sbattuta sul muro, con tutte le accezioni che l’uso di ‘sbattuta’ porta con se. A 30 chiedi di  poter fare un tour della casa, poi ti aspetti che lui stappi il vino, vorresti parlare, confrontarti sui massimi sistemi,

capire se lui, in effetti, andrebbe a riprendere i maró.

Questo complica le cose. Almeno a 20 volevate tutti e due usare il verbo ‘sbattere’. A 30 tu ti interroghi sui fenomeni fisici che regolano la sua erezione mentre lui ragiona in maniera binaria: CULO – TETTE.

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Allora uno si butta sul lavoro.

ALLORA UNO SI BUTTA!

Diciamo che mi aspettavo fosse un pó più semplice. Mi aspettavo di avere le idee più chiare per poter chiedere all’Universo ciò che desidero con una certa lucidità. La verità è che a 15 anni ero più sicura, focalizzata, forse “PUTTANA, di sicuro OTTIMISTA E DI SINISTRA”. A 30 anni lo ammetto, mi sento un pó persa o forse solo più esperta, meno accondiscendente. A 30 inizi ad avanzare richieste, a dire più “no”, ad avere una coscienza e il braccio molle che non ti fa mettere la canottiera a spallina stretta! A 30 anni smetti di fumare ed inizi a ragionare (e a me le sigarette piacciono molto più che i ragionamenti!). A 30 vai a ballare e porti a spasso la cozza che eri a 15 pensando che alla fine, le cozze, sono anche buone!

A 30 anni ci sei, ci sei forte, TU, con gli ovuli in scadenza, le smagliature irrisolte, le zie dallo sguardo pesante e molte domande che a 15 avevano risposte chiare!

Poi ci sono le tette, e quelle a 30 anni iniziano ad essere come Pompei: in caduta libera, e senza tutela.

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Io. Con la coda tra le gambe.

Poi ti ritrovi spiazzato, perché la vita fa così, decide per te.

Ti affanni, corri, piangi, pensi, scegli i vestiti migliori per conquistare quelli delle risorse umane. Ti metti il lucida labbra che non sceglieresti mai per un appuntamento e spulci ogni cavillo del sito del consolato, non capendoci un cazzo per altro. E si, dico sempre ‘cazzo’ per nostalgia nei confronti dell’articolo e per resa d’idea.

Quindi, dopo due anni a Ny mi ritrovo sullo scomodo divano bianco che mia madre, in un atto di stoltezza, ha preferito al mitico divano verde dove il mio grosso deretano sprofondava. Ho la finestra aperta e sento gli uccellini, cosa per nulla romantica dato che la cagna si agita affondando le zampe nelle mie carni e abbaiando FASTIDIOSAMENTE.

Mi sembra assurda questa umana commedia e mi sembra assurdo essere qui. (Pur non sputando nel piatto dove ho mangiato, e le mie dimensioni lo dicono chiaramente, che io ho mangiato!)

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Vi ho raccontato per due anni di un’italiana a Ny e oggi, come in una puntata del teatro dell’assurdo, vi racconto di un’americana a Galliera.

FROM NOW ON IT’s ABOUT ME AND GALLIERA.

La cosa tragica è l’essere compresi. Passi la vita a cercare di essere compresa e poi ti ritrovi in aeroporto a Milano dove tutti comprendono i tuoi sproloqui. Ti cade una valigia di 24 kg su un piede e tu, che hai le caviglie più gonfie di quelle di una gestante al nono mese, vorresti urlare al mondo che l’altissimo non ti ama. Invece stai zitta, reprimi l’istinto e rimembri i bei tempi, quelli in cui, davanti a Tiffany, in 5th Avenue imprecavi allegramente inneggiando all’ignoranza dei più. Insomma, era come legger Dante a una comitiva di cinesi: nessuno capiva una beata minchia!

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Poi vai a fare la spesa. A Ny suonavano alla porta aitanti uomini di colore, io li guardavo, tentavo di sedurli con l’occhiaia della 8 a.m. e quello che gli americani chiamano “morning breath”, ossia, l’alito del mattino. Sculettavo sentendomi Kim Kardashian avvolta in imbarazzanti pigiami e li pregavo di seguirmi fino al tavolo della cucina. Sembra l’inizio di un film porno, in realtà venivano solo a consegnare la spesa e dopo la loro uscita di casa io mettevo il pollo in frigo.

Mi piacerebbe poter dire che lo facevo ‘con la coda tra le gambe’ nel senso fisico. Ma rimaneva sempre e solo quello lato.
L’altro giorno sono andata a fare la spesa e ovviamente non avevo la monetina per il carrello, sono stata ripresa per non aver indossato i guanti palpeggiando frutta e ho trovato un’unica cassa aperta. Davanti a me una vecchia cotonata, una di quelle che ti guardano sprezzanti perché la spesa rappresenta il trionfo di casalinga. Una col carrello pieno che ti fissa mentre pensa: COL CAZZO CHE TI FACCIO PASSARE AVANTI! Ho aspettato che la processione di surgelati sfilasse davanti a me poi ho messo i miei articoli sul nastro nero, mentre la cassiera mestruata mi ha fatto la domanda. La fottuta domanda. ‘Ce l’hai la carta fedeltà?’. Avrei voluto rispondere che per me la fedeltà non è un valore mentre la vecchia cotonata mi guardava orgogliosa dopo aver collezionato i punti che le permetteranno di avere presto un set da cucina.

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Per esorcizzare la tristezza accumulata sono andata a pranzo da una famiglia terrona. Dio salvi i terroni, soprattutto quelli che ti invitano alle grigliate. Solo i terroni mangiano quanto gli americani e tu, dopo aver digerito due anni d’America non ti alzi mai da tavola implorando un cucchiaio di Citrosodina. Allora mi sono seduta e ho  iniziato a ingurgitare il maiale, alla faccia di mia madre che da giorni mi propina bistecche di soia avendo notato il mio ‘appesantimento’. Ho guardato il piatto, ho imprecato un po’ perché quando chiedevo all’Universo di mandare salsiccia non la volevo cotta, in un piatto. Ma comunque, va bene. Io, ho un KARMA PESANTE, ormai lo sappiamo!!!

Al primo boccone tutto ok. Al secondo realizzo che manca qualcosa. Al terzo lo so cosa manca. Io voglio del ketchup. Dio, quanto voglio quei pomodori liofilizzati mischiati allo zucchero e sostanze cancerogene. Allora ho alzato il volto, ho rivolto lo sguardo al capofamiglia terrone, quello che sedeva a capotavola, quello che mi faceva notare di essere sempre il primo a ricevere il piatto. L’ho guardato e con un filo di voce avrei voluto chiedere ‘hai del ketchup?’ Ho iniziato la frase, ho detto… ‘Cosimo…’ (Nome tipicamente del nord). E poi ho continuato con ‘questa carne è buonissima’. Il mio IO aveva messo in atto dei meccanismi di auto-difesa per proteggermi da quanto sarebbe potuto accadere se al banchetto del sud fosse stata pronunciata la parola Ketchup. Ho continuato a mangiare il maiale, ingozzandomi felice e ricordando l’insegnamento di Nonna Angiolina, matrona del sud: : SE IL MARITO PARLA BENE E LA MOGLIE TACE, LA FAMIGLIA VIVE IN PACE”.

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E poi, alla fine di tutto viene il caffè. Ho passato dei giorni a notare dei tremolii. Ho pensato di essere malata. Statisticamente giovane per il parkinson, demente ma non senile, mi sono chiesta di cosa si trattasse. Forse l’aria buona non mi fa bene, ho pensato. Poi è arrivata la TACHICARDIACA come la chiamava mia nonna Pinetta. Forse è lo stress, forse il fatto che non pratico attività sportiva ne TANTOMENO sessuale.
Alla fine di lunghe riflessioni ho capito: il problema è a tazzulella e cafè.
Dopo anni di beveroni americani ho iniziato a bermi delle moke da sei in solitario. Faccio, verso, bevo. Peccato che la brodaglia americana abbia una composizione altamente diversa da quella del concentrato caffeinico che dovrebbe esser convivialmente condiviso. Io la convivialità della moka l’ho risolta in un atto solitario che mi stava ammazzando.

E come diceva mia nonna: chi beve da solo crepa da solo.

sordi al caffe bassa

In sostanza amici miei, in questo momento della mia vita, ho davanti una serie di possibilità:
-l’arresto per inneggio al sacro in luogo pubblico (vedi scena aeroporto); {anche se mi dicono di stare tranquilla, che in Italia non va più in galera nessuno}
-l’arresto per atti osceni in luogo pubblico, vedi sputo in faccia alla vecchia del supermercato o insulto alla cassiera mestruata;
-la morte per mano di uomo del sud preso da convulsi in conseguenza alla richiesta di ketchup;
-la morte per overdose caffeinica;
O…. IL RITORNO IN AMERICA.

Io, VOJJOFÀLLAMERIGANA!

Io. Forse amo le donne.

Le donne a cui mi ispiro.

Post in ordine: dalla meno ispirante alla più ispirante.

Visto che a uomini andiamo male, ho iniziato a pensare alle donne!

5) LA JESSICONA FLECCER

La mia amica Michela, blogger che vi invito a leggere data l’ironia dei suoi post, ha scritto, un po’ di tempo fa, a proposito della Jessica. Ecco io mi sento un pò come lei (la Fleccer) perché farmi i cazzi degli altri mi piace assai. Più che un’investigatrice sono una stolcheratrice (mai pettegola, sempre informata… questo é il mio motto!). Poche cose sono più gustose di uno scoop, e il mio trasferimento americano aiuta non poco. Quando sei all’estero diventi confidente prediletta per il solo fatto di “essere uscita dal tunnel”, insomma sono la Jack Frusciante della situazione. Ricevo confidenze e serbo segreti… mi piace molto! Sono dall’altra parte del mondo e conosco alla perfezione le trame della mia piccola realtà. Sono un diario segreto con le gambe e le amiche mi scrivono, poi buttano la chiave. Io ci sono, ma non ci sono e questo mi conferisce uno status interessante. La mattina apro wazzapp e trovo sempre qualche sorpresa! Voi siete sei ore avanti a me, quando io inizio un nuovo giorno voi avete già corso per 6 ore e io, ogni mattina sono pronta a leggerNE. Certo, non guardo il telefono pensando “Who’s dead?” (in pieno stile Jess) ma aspetto sorprese e il fuso orario non mi delude mai.

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2) LA TINA CIPOLLARI

Perché lei capisce subito se uno è “Falzo”. Lei è una che ha ragione a prescindere. Cioè anche se sbaglia non sbaglia. Imprescindibilmente e arbitrariamente nel giusto, sempre. Anche lei è una figlia di Maria, e questo non é un concetto religioso, (ma vi prego, fate credere a mia nonna che lo sia perché ne sarebbe tremendamente felice!). E’ più una roba di business che ha a che fare con Mediaset e Berlusconi. A volte guardo Tina e mi chiedo come caspita sia potuta diventare famosa. Sarà il biondo? Sarà la somiglianza con Marylin? Oddio, in quel caso anch’io assomiglio a Cicciolina solo per mettermi delle imbarazzanti coroncine in testa. Comunque, il fatto che Tina sia riuscita a diventare famosa sfonda il muro del suono e abbatte portoni fortificati di arroccati castelli medievali. Se lei é famosa io un giorno sarò magra! E come disse Piero Pelù “se la speranza é l’ultima a morire, chi visse sperando morir non si può dire”.

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3) LA MARA MAIONCHI

La ammiro per come sfoggia la sua pettinatura cotonata anni 80’. Sempre la stessa, un po’ come i cipressi del Carducci. Una delle poche certezze che si hanno nella vita, immobile. Come le piazze venete dove la gente e i discorsi non cambiano mai. Il toupet di Pippo Baudo, la cotonata della Maionchi e gli spritz in centro mi fanno felice. Punto.
La stimo molto anche per la sua missione di sdoganatrice di parolacce. I “VAFFANCULO” della Maionchi tuonano nel cielo del trash italiano ed io mi illumino, d’immenso!
La Mara si può permettere di dire ciò che vuole senza bisogno di licenze poetiche, quindi a lei “IL ZAPPATORE”, je fa na pippa. E io la stimo. Si ricorda quando a X FACTOR, si incazzò con un ragazzino dicendogli che a 19 anni tu non vuoi l’amore e i sentimenti. A 19 anni vuoi la figa! Che detto da una sessantenne fa l’effetto del ketchup sulla fiorentina.
Mara, ti amo!

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4) LA FRIDA KAHLO

Che tipa la Frida! Non amo l’iconografia messicana, preferisco la tequila, anche quella col verme va bene. Del Messico mi piacciono i colori ma mantengo il purismo dello spagnolo. Me incanta l’accento Iberico e aspiro a correre SULLA vita come un toro di Pamplona. Eppure la Fridona è un’icona pazzesca. L’unica donna che ha fatto dei suoi peli una bandiera (se escludiamo la Drag Queen con la barba). Io non sono mai stata una maniaca della depilazione. D’inverno vado in letargo e i peli li coltivo. Ho amiche super curate che mi guardano con aria di rimprovero… eppure io non cedo. Mi depilo solo in caso di sesso, quindi molto poco AIMÈ! Comunque tornando a Frida… amo il suo modo di guardare alla vita. Una a cui non servono i piedi, e nemmeno le strisce Vet! Insomma, se non ti servono i piedi vuol dire che sai volare davvero. Capite, davvero! Se rinunci con sufficienza a una parte del tuo tempio, il tuo corpo, vuol dire che hai molto, troppo in spirito.

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5)MIA NONNA

Mia nonna é la persona più ebrea che io conosca. Anche se lei questa affermazione non la prenderà bene.
Mia nonna, detta Giusy, ha cambiato la sua vita a 60 anni, ridefinendo drasticamente le relazioni col mondo. Ha modificato il suo status di donna coniugata ed é andata dalla parrucchiera a farsi le MES, che i comuni mortali chiamano MECHES. Si é comprata una collezione di maglie leopardate che facevano presagire un viaggio in Africa. Ha cominciato a comprare online appassionandosi di Groupon e a seguire tutte le televenditrici possibili. Mia nonna ha capito che può spendere senza muoversi dal divano di casa sua, concetto AVANGUARDISTICO dato il suo certificato di nascita!

Rifiuta, coerentemente all’ebraismo, di possedere un telefono cellulare che tentiamo di affibiarle da un po’ dato che soffre di cuore. Lei, IN BARBA A NOI, non é quasi mai rintracciabile, soprattutto quando a bordo della sua fiammante bicicletta. La RONDINE, perché la bici ha un nome, rappresenta la sua indipendenza e lei la difende a spada tratta. Uno dei peggiori drammi vissuti in famiglia é stato il furto della rondine, per fortuna è seguito ritrovamento dopo ben tre giorni di indagini.

Mia nonna é l’esempio lampante del fatto che VOLERE É POTERE.
Circa due anni fa mio fratello (santo) ha comprato un oggetto a lei non meglio identificato. Tale oggetto, battezzato come SCATOETA, (piccola scatola), nasce da un’ idea di Jobs e il resto del mondo lo chiama Ipad. Dopo aver scrutato a lungo l’oggetto, nonna Giusy ha capito che tramite tale congegno elettronico può comunicare con me, A TOSA CHE VIVE IN AMERICA.
Mia nonna, che ha la 5 elementare e per firmare suda, HA IMPARATO AD USARE LA SCATOETA. Ha chiesto a mio fratello di scriverle le istruzioni, tipo manuale, ed ha iniziato a provare. E’ riuscita a chiamarmi 20 volte in 15 minuti. Ogni volta che rispondevo lei diceva “non ho niente da dirti, sto solo provando”. Se non rispondo si incazza, o si preoccupa, peccato che lei non abbia assimilato il concetto di FUSO ORARIO. Ricevo chiamate a tutte le ore del giorno MA SOPRATTUTTO DELLA NOTTE e nel caso di non risposta lei… RICHIAMA.

Mia nonna é un carrarmato della vita, una di quelle vecchio stampo che stanno in bilico sulla modernità come i quattordicenni sul tagadà! Ecco, mia nonna non cade ed io la guardo da lontano innamorata.

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Io. E le lettere d’amore

Io non avrei pensato di innamorarmi di te.
Pensavo di essere una di quelle frigide di sentimenti, pensavo che non mi sarebbe capitato. Tutte quelle come me pensano di non innamorarsi. E poi si innamorano.

Mi hanno parlato di te. Mi avevano detto molte cose. Eri affascinante, me lo dicevano tutti. Io ce l’avevo già un amore, anzi ne avevo tanti, e non avrei voluto lasciarli tutti per te. Eppure l’ho fatto. Ho saltato nel vuoto per venire da te. Ho corso all’impazzata, al ritmo del cuore.

Quando ti ho visto per la prima volta non mi sei piaciuto. Eri alto, troppo alto per me. Ti ho guardato dal basso eppure stranamente, dal basso, mi è sembrato di vedere il mondo. Avevi il cielo come gli occhi o forse gli occhi come il cielo, ed io mi sono persa. Io continuo a perdermi.

Facevi un sacco di rumore ed eri come attraversato da mille vie, mille cose, mille case. Eri confuso, senza pace, rumoroso. Ho capito che tutti ti volevano ma nessuno davvero. E’ difficile stare con te, é una sfida ogni giorno. Sei labirintico, amore, sei davvero un gran casino.

Ho sentito il tuo profumo e poi il silenzio, il silenzio che trovo solo quando sto con te. Ho chiuso mille amori, soprattutto quelli sbagliati e mi sono tuffata in te, che sembri forte come il cemento e l’asfalto. Tu, che sei duro e non ti pieghi al vento degli uragani.

Mi hai abbracciata in una notte d’agosto e ho pensato che forse anche tu mi volevi, che c’eravamo solo io e te nella follia di Columbus Circle. Ho sentito di non sentire più. Ho sentito te, la tua essenza nell’assenza, e mi sono sentita a casa.

Solo l’amore annulla il rumore.

Sono passati due anni.

Io ti guardo e vedo esattamente quello che vedevo all’inizio: il mio grande amore. Sono passati due anni e sembra che tu non mi voglia più. Amore vuol dire  andarsene, lasciare l’altro libero, se lo vuole, quando lo vuole. Ed io, per scaramanzia, ho sempre una valigia pronta, sotto al mio letto.

Eppure sono qui, su quel letto, con un vestito largo e le unghie smaltate male. Sono qui a chiudere gli occhi e pensare alla prima volta che ti ho visto, a quel secondo in cui mi sono innamorata. A quell’istante in cui ti ho desiderato, a quando ho capito che finalmente ti avevo trovato.

Mi sono sentita bene, tra le tue braccia. Ho sentito che forse il naufragio era finito, che tutto “quel vagare aveva un senso”, che finalmente c’eri tu e che io potevo smettere di sentirmi la Sally. Potevo buttare la cassetta di Vasco, quella che ascoltavo da piccola con le cuffione giganti e soffici.
Sono passati due anni, e io non so ancora se mi vuoi, a volte torni da me, bussi, mi illudi ma poi ti giri e scompari. Rimango nuda sull’uscio di casa e mi chiedo se tornerai, se anche tu mi sceglierai, come ho fatto io, la prima volta che ho visto quel cielo.

Il tempo passa, ed io non lo posso fermare. A dire il vero il tempo sembra rallentato perché ormai mal sopporto l’attesa. Rimango nuda all’uscio, con l’orecchio sulla porta, appiccicata ad aspettare i tuoi passi, ma inizio a sentire il freddo, ad aver voglia di andarmene.
Tu sembri non scegliermi. Sembra che tu mi abbia amata davvero, sembra che tu sia stato capace di amarmi così intensamente da dovertene andare, dopo.

Ma io rimango, amore, rimango attaccata all’idea che tu mi dica “sí”. Rimango a sognare, ogni volta che guardo il cielo e ripercorro i nostri due anni.
Ritorno alla vodka che ha lenito le distanze, ritorno alle albe sotto il tuo braccio, ritorno al fiume da dove ti guardavo.

Sceglimi, New York.
Drop the bomb, drop it now.

east village

Io. Un uccello non fa primavera!

Qualche giorno fa, dopo mesi di ghiaccio, gelo, temperature polari, pinguini nei taxi e stalattiti nella figue, (ndr: vedi post precedente), abbiamo avuto la combinazione di 16 gradi centigradi e sole splendente.

SPRING

Robe a cui non credevo più, FENOMENI PARANORMALI PARAGONABILI ALLA VITA SU MARTE E GLI ESORCISMI DI MILINGO!

milingo

Ogni anno, da quando vivo a Ny (a dire il vero sono solo 2 anni, ma fa sempre un certo effetto scrivere “DA QUANDO VIVO A NY”), io guardo la neve e penso che non si scioglierà mai. Mia nonna mi ha insegnato ad avere fede (ed io ho appreso poco), ma di una cosa sono sempre stata sicura: SOTTO LA NEVE FIORISCONO LE GEMME! E’ questo il mio atto di fede!

fiore ghiaccio

Allora, ogni anno, a gennaio, quando il cappuccio del Woolrich mi schiaccia i ricci, gli occhi lacrimano e le orecchie sembrano i bastoncini di Capitan Findus… io penso che sotto a tutte queste montagne di acqua ghiacciata ci sono gemme che lottano per riuscire a fiorire. E’ un concetto a cui tengo molto, una roba tipo L’UNIVERSO CI DA SEMPRE CIÒ DI CUI ABBIAMO BISOGNO.

OMMMMM.

io

INEVITABILMENTE LA VITA MI SORPRENDE ed Il freddo passa. Gli uccelli tornano a cinguettare e finalmente nella mia vita ricompare la Gigliolona nazionale. E’ primavera. E’ quello che aspettavo, finalmente la gemma è libera di esplodere.

Gioia?

Certo, ma non esageriamo con le gioie che in Veneto L’HASTAG dell’anno é #MAIUNAGIOIA.

maiunagioia

Mi spiego meglio…

Io leggo e mi informo. So tutto sulle curve del desiderio sessuale, d’altronde non mi posso far trovare impreparata perché come dice mia madre gli uccelli vanno presi quando passano! Dalle mie parti ne passano pochi  e quindi su queste cose non si scherza: IO SONO SEMPRE ALL’ERTA!

Quindi, torniamo al fatto che mi informo. Due giorni fa ho notato che le stalattiti si stavano sciogliendo e sono stata presa da un irresistibile desiderio sexuelle. Pensavo fosse la forzosa astinenza e invece ho capito che é proprio una roba scientifica.
Sembra che gli ormoni femminili, responsabili dello scioglimento, seguano la luce del sole. Maggiore l’esposizione solare della donna, maggiore la produzione di adopamine e quindi la voglia di essere messe a pi greco mezzi.

E voi direte, FANTASTICO, con la primavera abbiamo tutti più voglia.
FINALMENTE SI VA AL PORCO-GIOCHI!
E INVECE NO! #MAIUNAGIOIA!

L’uomo non reagisce all’esposizione solare (CHIARO!!!). O meglio, il maschio sembra aver voglia di metterti a pi greco mezzi durante l’autunno. In primavera, siccome si allungano le giornate, lui ha voglia di giocare a calcetto!

Ora, io dico, già nel mondo abbiamo 1 gallo ogni 7 galline, mettiamoci il fatto che almeno il 60% dei galli avrebbe voluto nascere Rosetta e lavorare con Banderas, consideriamo che un 20% per età o sfiga ha problemi di prostata. Aggiungiamo un 10% di preti, sposati, conviventi, fidanzati…

DOVEVAMO PROPRIO AVERE CURVE DEL DESIDERIO DIVERSE?
IO NON ME LO MERITO LO SCIOGLIMENTO PRIMAVERILE SE PERCHE’ TI SI RIZZI DEVO ASPETTARE OTTOBRE!

antonio-banderas-gallina

Io te lo dico maschio! Tu, Tu, re del pollaio. Tu che ti lamenti perché le galline hanno il mal di testa e sono poco inclini ai favori sessuali che implichino l’uso della cavità orale. Tu che vorresti la casalinga di Voghera di giorno e Sarah Tommasi di notte. Si tu, tu che produci spermatozoi in continuazione mentre noi ovuliamo una volta al mese, (e il resto del tempo piangiamo in preda agli ormoni e perché non abbiamo nulla da metterci). Tu maschio, tu, che negli spogliatoi ti vanti della tua proboscide, tu che nella vita te lo sei misurato almeno una volta. Tu che ti dici sempre ponto, tu che Rocco in teoria ti fa un baffo.

Ti prego, maschio

ASCOLTA QUESTO MIO GRIDO DI DOLORE PERCHÉ UNA RONDINE NON FA PRIMAVERA MA UN UCCELLO FA FELICI!

stalattiti